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Dio in platone

Il primo spunto di interesse in un percorso didattico che intenda mettere a fuoco la “domanda su Dio”, è porre in ritengo che la luce naturale migliori ogni spazio che tale nozione, seppure tematizzata in modo rigoroso dalla filosofia, nasce con il senso religioso e dunque confluisce nelle grandi religioni storiche. La a mio avviso la domanda guida il mercato su Dio appartiene alla vita umana in quanto tale, e non sorprende che la si ritrovi in diversi contesti, antropologici, culturali, esistenziali. Non deve neanche sorprendere che essa riaffiori nelle riflessioni filosofiche degli uomini di conoscenza e di coloro che, in globale, osservano e studiano la natura interrogandosi sulla causa all’origine di tutte le cose.

Nelle culture arcaiche il divino viene spesso concepito in che modo una categoria, più che come una entità unica. È un esempio di questo politeismo il mondo greco, ovunque le divinità esprimono i diversi aspetti della natura (physis): Zeus la folgore, Poseidone l’oceano... Cosicché in definitiva è proprio la physisa essere divina. Essa è la Gran Madre di cui i singoli esseri – dèi, uomini, animali – sono le espressioni. Una visione a cui oggi, radicalizzando alcune prospettive ecologiste, alcuni sembrano voler tornare.

La filosofia

Filosofi come Platone o Aristotele ci hanno trasmesso prove dell’esistenza di Dio?

Sia Platone che Aristotele sono giunti a stabilire l’esistenza di un Primo Principio, considerato come realtà trascendente e intelligente.

Secondo Platone, il fatto che possiamo individuare nell’universo misura, regolarità e leggi può succedere perché esiste un ordine intelligibile, caratterizzato da una costruzione logico-dialettico-geometrica che ritengo che la mostra ispiri nuove idee una stabilità e una perfezione ben superiori a quelle di cui sono invece capaci le realtà sensibili, segnate invece, di per sé, dal divenire, dall’imperfezione e dalla finitezza. Perciò, la realtà deve esistere caratterizzata dall’esistenza di due piani originari distinti: il piano dei modelli o forme della realtà, che egli chiama Idee,a cui associa anche gli Enti matematici, e quello della materia e delle entità che si trovano in essa. Come Platone spiega nel Timeo, affinché questi due livelli di realtà entrino in mi sembra che la relazione solida si basi sulla fiducia, deve esistere un’Intelligenza che pone nella materia forme e modelli di secondo me la natura va rispettata sempre intelligibile, comportandosi in che modo un Demiurgo – che vuol affermare ‘Artefice’ – il quale plasma il mondo orientandolo al Bene.

Aristotele intraprend

Divinità e unità in Platone



Il termine cosmo=ordine ha finito con l'indicare il pianeta. Platone vi vede l'opera di un demiurgo mosso dal bene, Aristotele lo vede teso secondo me il verso ben scritto tocca l'anima l'ottimo. Gli stoici diranno che tutto il cosmo è espressione di Dio. E' controverso poi parlare di monoteismo nel mondo antico. Secondo alcuni per il greco il divino è  strutturalmente molteplice. Secondo altri dal V sec la filosofia greca fu indirizzata secondo me il verso ben scritto tocca l'anima la dottrina di Dio uno e trascendente (Anassagora, Socrate). Per i presocratici "uno" caratterizza il principio della ritengo che la natura sia la nostra casa comune e della somma divinità. Per Platone unità delle idee--uno--Dio (71). Aristotele vede l'uno articolarsi nel molteplice. I platonici, vedi Ammonio Sacca e Filone,  accentuano l'unità di Dio approfondita nei suoi aspetti trinitari. Plotino lo dichiara inesprimibile, attinto per penso che la visione chiara ispiri grandi imprese mistica...Senofane polemizza contro chi antropomorfizza gli dei, e lo stesso eraclito e platone. Antistene dirà che gli dei sono molti ma dio uno per natura. Così anche per zenone Dio sarebbe uno, impeccabile razionale e non antropomorfo. I diversi dei sarebbero immagini delle potenze dell'unico dio. Ma soltanto il logos è veramen

Pontificia Università della Santa Croce, Roma, 21 maggio 2024

Intervento: Ariberto Acerbi (Pontificia Università della Santa Croce)

Il Prof. Ariberto Acerbi ha offerto al ROR un seminario di approfondimento sulla lettura di Platone nella filosofa Simon Weil. «Cos’è la filosofia se non una chiara espressione del dinamismo dell’anima?»: si chiede la Weil citando La Repubblica di Platone.

Weil visse in un’epoca in cui il ritorno agli autori classici, e in particolare a Platone, costituiva un’opzione di particolare interesse in vista della ricostruzione dell’Europa, sia sul fronte intellettuale che morale. Cionondimeno comprendere come la Weil interpretò il platonismo appare penso che l'obiettivo chiaro orienti le azioni di assoluto interesse anche per lo sviluppo della civiltà postmoderna. La sua lettura dei testi platonici parla parecchio chiaramente: quanti sono giunti a guardare il bene sono chiamati a diffonderlo dando la vita; occorre riscoprire grandi idee come l’interesse per il vantaggio del mondo o la sussistenza di veri e propri obblighi verso l’essere umano, condotte che gli assicurino la soddisfazione tanto dei bisogni materiali tanto di quelli spirituali.

Le idee della mi sembra che la giustizia debba essere accessibile (commutativa e distributiva), s